Cenni Storici
Nel Medioevo Sauze d’Oulx era sotto il dominio dell’abate di Novalesa e in seguito sotto la prevostura di Oulx. Dall’anno 1000 circa, Sauze d’Oulx divenne parte del Delfinato e della Repubblica degli Escarton di Oulx; spaccato di storia riportata nello stemma del paese: il delfino e il giglio di Francia. Con il trattato di Utrecht del 1713, il territorio passò in mano alla famiglia Savoia. Il paese mantenne però in parte l’autonomia tipica degli Escartons e l’influenza francese; il dialetto doc nè è una testimonianza. Sui prati di Sauze d’Oulx verrà combattuta, nel 1747, la storica battaglia dell’Assietta, tra Francia e Savoia del Regno di Sardegna.
REPERTI DI ORIGINE ROMANA
Alle pendici del Monte Genevris, in località Richardet (Sauze d’Oulx), furono rinvenuti nel 1933 numerosi vasi ex-voto di età romana dedicati al dio celtico Albiorige. I reperti venuti alla luce fanno supporre che si trattasse di un luogo di culto importantissimo, costituito forse da un grande altare posto in un bosco sacro.
NASCITA E SVILUPPO DEL TURISMO
L’Alta Valle di Susa, e in particolare Sauze d’Oulx, furono la culla dello sci in Italia, sport introdotto dall’ingegnere svizzero Adolfo Kind nell’anno 1896. Il vero promotore dello sci sauzino è da considerarsi Placido Eydallin, noto e valente fotografo dilettante che nel 1919 apre il Miravalle, primo albergo idoneo ad ospitare sciatori. Lo sci divenne così la principale fonte di guadagno della località.
Nel 1927 il nome Sauze d’Oulx venne “italianizzato” dal regime di Mussolini e forzatamente tradotto in Salice d’Ulzio, probabilmente più per assonanza che per la presenza di salici, piuttosto ridotta sul territorio. Dopo la seconda Guerra Mondiale il comune riprese il suo nome originario.
Paese tradizionalmente dedito alle attività agro-pastorali, introno al 1960 Sauze d’Oulx convertì la sua economia e si trasformò in una moderna località turistica.
Festa Patronale
Il 24 giungo tutta la comunità festeggia San Giovanni Battista, il santo patrono.
I festeggiamenti iniziano la sera del 23 giugno, alla vigilia di San Giovanni, quando, come da tradizione è consuetudine accendere un grande falo’.
Il falò di San Giovanni fa parte di quei culti legati al Solstizio d’Estate, nel medioevo, associati alla devozione al Santo. Il rito ricorda i fuochi accesi dagli antichi Celti che veneravano il dio Sole, nel tentativo di estendere le ore di luce proprio quando, in prossimità del Solstizio d’Estate, le giornate cominciano ad accorciarsi annunciando il ritorno dell’inverno.
In un passato non troppo lontano, i fuochi di San Giovanni venivano accesi anche sulle alture di molti altri villaggi della Valle di Susa.
Il giorno successivo, all’alba, era consuetudine andare nei prati umidi per bagnarsi gli occhi con la rugiada purificatrice. Piccoli mazzi di fiori di campo venivano raccolti e disposti a croce sulla porta delle case come protezione, mentre il bestiame condotto al pascolo veniva fatto passare sopra le ceneri dei fuochi nella speranza di preservare zampe e zoccoli dalle malattie.